Omero, nell’Odissea, narra di due orrendi mostri, Scilla e Cariddi: Cariddi rappresentava il vortice (garofalo) creato dalla corrente dello stretto di Messina, in grado di sbattere contro gli scogli le imbarcazioni di passaggio, durante le forti burrasche; Scilla era la stupenda fanciulla di cui il dio marino Glauco si era invaghito e per la quale aveva rifiutato l’amore della maga Circe, provocandone la gelosia.
Quando il nume, rifiutato dalla giovane, si rivolse alla potente maga per ottenere un sortilegio in grado di attrarre a sé Scilla.
La strega, maturato un odio profondo nei confronti della ninfa, decise di vendicarsi. Così la fanciulla, entrando nelle acque avvelenate, subì un’orrenda trasformazione che lasciò immutata la parte superiore, mentre la parte inferiore degenerò e dal suo inguine nacquero sei spaventose teste di feroci cani latranti, le cui bocche erano dotate di tre fila di denti appuntiti.
La giovane, in preda alla disperazione, decise di nascondersi in un antro naturale sotto la scogliera presso lo Stretto di Messina, e da allora seminò terrore e distruzione tra gli incauti naviganti che oltrepassavano quel tratto di mare.
La costa scillese, sempre secondo la leggenda, fu anche dimora delle Sirene, che col loro canto richiamavano e confondevano le menti dei marinai.